"Lupo"
(o "Lupetto" per gli amici)

Era il nome che gli avevano affibbiato forse perché non era portato al ringraziamento, all'ossequio, ma aveya invece trascorso la sua vita, fin dalla tenera età, a ringhiare la rabbia che si sentiva dentro e la solitudine della propria vita.
Il suo vero nome era Eugenio.
Era nato nella stazione ferroviaria di Spotorno.
Sua madre l'aveva partorito, appena scesa dal treno, assistita dai ferrovieri. Avevano fatto quello che avevano potuto, ma lui era nato con una gamba ed un braccio storpi. La madre non l'aveva più vista e del padre neppure parlarne; era cresciuto in un Istituto, covando rancore contro il mondo ed imparando a fare il rilegatore di libri. Poi era ritornato a Spotorno cercando chissà cosa; era stato a vedere la stazione ferroviaria, poco più che una baracca, ma non aveva trovato più nessuno di quei ferrovieri che lo avevano aiutato a venire al mondo. Venne accolto dall'Opera Pia del paese e lì, appunto, rilegava libri.
Bruno lo aveva saputo dalla zia Maria: -Se hai dei libri da rilegare portali all'Opera Pia, mi hanno detto che c'è un ragazzo che lavora molto bene ed ha bisogno di guadagnare perché è solo e non può contare su nessuno. È un tipo strano, ombroso, ma in fondo credo sia un bravo ragazzo-.
La zia Maria, zitella dal buon cuore, quando prendeva qualcuno a benvolere cercava di farsi in quattro ed aveva già mandato parecchi clienti a Lupo.
-Ah sei il nipote della lattaia?-, fece Lupo squadrandolo...
-Sì, mi manda lei-, rispose Bruno porgendogli i due libri da rilegare.
-Quanti anni hai?-. Lupo intanto esaminava i libri con occhio da esperto. -Sedici compiuti-, Bruno non proseguì perché la faccia seria di Lupo lo metteva in soggezione.
-Va bene, saranno pronti la settimana prossima e se hai qualche amico che ne ha degli altri da rilegare mandamelo perché ho bisogno di lavorare; voglio andarmene da qui-, gli fece Lupo riponendo i libri in un vecchio armadio. -Perché, non ti trovi bene?-, fece Bruno incuriosito.
-Non è questo, qui c'è della brava gente, ma è un ricovero per vecchi; io sono giovane, voglio vivere per conto mio. Ho passato la vita in un Istituto. Ora vorrei, anche a prezzo di sacrifici, fare la mia vita senza dover sempre elemosinare, ringraziare qualcuno-
Lupo per un attimo si aprì e Bruno capì il perché di quel carattere così duro; capì il perché del nome "Lupo".
Ne nacque una grande amicizia e quando Lupo si stabilì in uno scantinato umido, -ma tutto suo-, Bruno non fu tra quelli che non riuscivano a capirne il perché.
Lupo, per incrementare le entrate, visto che libri da rilegare non ce n'erano molti, d'estate vendeva bibite sulla spiaggia. Bruno a volte lo vedeva passare con il secchio sulle spalle pieno di bottigliette e di ghiaccio. Arrancava zoppicando, per ripararsi dal sole portava un cappellaccio di paglia. I bagnanti avevano incominciato a conoscerlo e compravano volentieri da lui; quando doveva togliere i tappi alle bottigliette a causa del braccio gravemente menomato si trovava in difficoltà e spesso i bagnanti cercavano di aiutarlo, ma lui non voleva ed insisteva con il cavatappi sino a che, sorridente, riusciva a consegnare la bottiglietta stappata e ritirava soddisfatto i soldi, armeggiando nelle tasche del grembiule per il resto. Bruno avrebbe voluto dargli una mano in qualche modo, ma Lupo era molto suscettibile. L'unica cosa che era riuscito a fare era stata quella di procurargli una vecchia bicicletta che aveva accettato chiarendo, però, di prenderla in prestito. Non è che Lupo andasse in bicicletta; ma se ne serviva per appoggiarvi il secchio pieno di ghiaccio che ritirava presso un'osteria del paese.
-Come è andata oggi?-, gli chiedeva, a volte, Bruno.
-Scif, scif, scif, scif-, gli rispondeva, quando era andata bene mimando il gesto di stappare le bottigliette ed imitando il rumore dell'aria che usciva appena sollevati i tappi.

Sempre nel tentativo di raggranellare un po' di soldi Lupo andava, qualche volta, a fare le "seppe" e a raccogliere Ie pigne nella pineta comunale.
Per la verità raccoglieva solamente pigne; per estrarre "le seppe", che erano radici di erica buone da ardere, ci volevano braccia buone ed era un lavoro che facevano amici suoi, come lui desiderosi di fare qualche soldo. Il solito notabile di paese (dopo innumerevoli "segnalazioni") li denunciò e Lupo ne soffrì molto; soprattutto lo ferì il fatto che la condanna che seguì alla denuncia gli portò, come conseguenza, la perdita temporanea del diritto al voto, cui teneva moltissimo. La sua reazione fu violenta e spesso Bruno lo trovava per strada o in qualche bar a inveire contro coloro che lo avevano denunciato; i signori con il "culo al caldo" come li chiamava lui. -Venite a prendere il ladro delle seppe! Sapete dove ve le metto le "seppe?"-.
Ciò gli procurò non pochi nemici ma anche qualche amico vero che, valutando nel giusto peso l' ingiustizia subita da Lupo, gli fu vicino ed, anzi, proprio da quel momento gli amici presero a chiamarlo affettuosamente "Lupetto".


Se ne andò da questo mondo per una caduta dal motorino che aveva appena comprato con i primi guadagni di un chiosco-bar che il Comune gli aveva fatto aprire nei giardini. Ora sorride da una foto su una lapide nel Cimitero. -Sapete dove ve le metto le "seppe?"-, dovrebbe essere il suo epitaffio.

Dal il romanzo "A Spotornooo..." di Bruno Marengo