MIA ZIA MARIA (L'INFERMIERA)

di Maria Toso

Tra i personaggi di Spotorno della mia infanzia ricordo con particolare affetto la figura di mia zia Maria (Peluffo), per tutti “l'infermiera”.


Era una figura piccola e esile, ma con una forza interiore ed una vitalità grandissima; la sua attività era quella di fare le punture alle persone malate o bisognose di cure, e si è svolta dagli anni che precedettero la seconda guerra mondiale agli anni ottanta.
La vedo ancora, con passo leggero e veloce recarsi nelle case degli spotornesi, salire scale, scendere scale, bussare alla porta, suonare campanelli: “eccomi, sono Maria, come va oggi? Ci vuole pazienza....la cura deve fare il suo effetto...”
Per tutti una parola buona, un sorriso, un rimprovero, e poi via, ci sono altri che aspettano, “e poi non riesco a fare il giro da tutti”....
Ma col tempo e con l'aumentare dei pazienti la zia si è motorizzata, si, perché per raggiungere le case un po' più in periferia andava con la Vespa Piaggio guidata dallo zio Giacomo (Toso).
Saliva in sella con un piccolo saltino, seduta come si deve – era una signora - di lato alla moto, si aggrappava allo zio e via, su è giù, col sole e con la pioggia, nulla la poteva fermare, i suoi pazienti avevano bisogno di Lei, più per la visita che per la puntura.
Finito il giro dei pazienti a domicilio il suo lavoro continuava a casa, per le persone che potevano uscire, nel suo piccolo studio ricavato semplicemente al riparo di una tenda da sole nell'ingresso della casa di Via De Maestri.
Era un via vai di gente a tutte le ore, Lei tranquilla, interrompeva i lavori domestici, il tempo di far bollire la siringa nell'acqua e ...”zac...” la punturina è fatta, ma dietro a quella tenda si racchiudeva un mondo: bastavano quei pochi minuti per poter raccogliere una confidenza, dare una ricetta, rassicurare una persona angosciata, asciugare lacrime.
La zia Maria non aveva potuto studiare oltre la quinta elementare - a Spotorno non c'erano altre scuole - e per poter migliorare la sua condizione aveva frequentato, in gioventù, un corso da “Crocerossina” a Savona, presso l'ospedale San Paolo, il cui attestato le ha poi permesso di esercitare la sua professione, che in realtà era più una missione.
Il corso durava tutto il giorno per cui le ragazze si portavano il pranzo al sacco, ma la sua famiglia non poteva fornire altro che una pagnotta di pane, e mentre le altre sue colleghe mangiavano con ben altra spensieratezza pane e cioccolato, pane e formaggio o altro, Lei, per simulare un companatico che non c'era metteva accuratamente il pane in una mano, e il pane nell'altra mano.....
A distanza di tanti anni raccontava divertita l'allegria dei suoi vent'anni quando mangiava pane ...e ...pane...
La zia Maria, nella sua semplicità era anche orgogliosa del suo ruolo, che si era conquistata nella Comunità di Spotorno, e con orgoglio raccontava a noi bambini le sue esperienze di vita in tempi difficili, che ora facciamo fatica ad immaginare, come quando, durante la guerra, aveva ottenuto – unica a Spotorno – il “lasciapassare tedesco” per uscire durante il coprifuoco, in modo da poter assistere le persone malate. Erano tempi bui e bisognava fare attenzione; ad un controllo della Ronda Tedesca senza tanti complimenti fu portata di peso in Commissariato: il suo tesserino era scaduto! Lei non se ne era accorta e in buona fede, tutta tremolante si giustificò e fu rilasciata, ma quanta paura!!
Ed è con orgoglio che ricordava le personalità più in vista che aveva assistito, uno fra tutti il poeta Camillo Sbarbaro, che curò per tanti anni, portando anche conforto e aiuto alla sorella Clelia di cui fu grande amica, tanto da avere l'onore di accompagnarla al braccio durante il corteo funebre del Poeta.
Instancabile nelle sue attività, quando aveva finito il suo lavoro, si dedicava al cucito – da giovane aveva ricamato bellissime tovaglie per l'altare della Parrocchia – andando avanti negli anni preferiva il lavoro di maglia e uncinetto e poi la sua grande passione: la preparazione del presepe che si faceva in un angolo di Via De Maestri, il “monte” come diciamo noi, lavorava notte e giorno per confezionare i vestiti delle statuine, gli addobbi delle casette, i personaggi di pezza.
Una volta però l'ho fatta arrabbiare, non pensavo che la zia Maria si potesse arrabbiare: aveva lavorato non so quanto per una tenda all'uncinetto della mia nuova casa, ma nella foga della preparazione del matrimonio le avevo dato delle misure sbagliate e ha dovuto disfare più di un metro di tenda........si è proprio arrabbiata e non sapevo più cosa dire, ma poi le è passato tutto. Conservo ancora la preziosa tenda insieme ai suoi pizzetti e centri tavola lavorati col filo fine fine.

Maria Toso