LA VENDEMMIA
di Maria Toso
 Maria Toso
 Marco Toso
La vendemmia alla “Collina” era un evento: alla mattina molto presto arrivavano parenti e amici per dare una mano nei lavori della vendemmia.
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 Pio Toso
Il ritmo di una vita isolata dal mondo esterno, scandito dalla ripetizione dei lavori di campagna - interrotto solo da qualche rara visita - era per un giorno travolto da una ondata indescrivibile: un misto di festa, di superlavoro, di incontri, di giochi,di grida, di risate, di imprecazioni...
Noi bambini non dormivamo la notte per paura di non svegliarci in tempo e perdere anche solo qualche minuto del grande evento; all'alba ascoltavamo le prime voci: “ecco, ci siamo, arrivamo”, e appena ci veniva dato il permesso, via di corsa a raggiungere i primi arrivati.
Papà per l'occasione comprava la “fügassa cu'à gungurzola” e dopo che si erano serviti gli uomini - che facevano i lavori pesanti - anche una piccola parte spettava a noi: per me quella sarà sempre la focaccia più buona del mondo (e l'unica che mangiavo per tutto l'anno), se ci penso sento ancora adesso il profumo che si spandeva nell'aria frizzante del mattino.
Cominciavamo quindi di buona lena a tagliare i bei grappoli dorati di lumassina, trebbiano, poco rossese e a riempire i “gòci” di legno che gli uomini portavano a spalle fino al punto di raccolta per essere poi trasportati nella cantina sociale dell'Opera Pia Siccardi.
Che divertimento per me, con i miei fratelli e l'amica Eugenia schiacciare con i pugnetti l'uva :“ciak ciak” sprizzava il mosto dentro il gòciu, e quando il portatore di turno issava il recipiente sulle spalle volavano larvate imprecazioni: “accidenti, chi l'ha riempito così tanto....che pesa come un piombo...” e noi a ridere di gusto.
 Giuseppina Toso  Eugenia Finoglio
 MarcoToso
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Ho capito solo molto tempo dopo perché c'era bisogno di tanta gente per fare la vendemmia: la Collina era un fondo tutto in salita, per cui tutto era portato a spalle e lavorato con la zappa.
Ci voleva solo la testardaggine di mio padre di voler coltivare una terra arida e bellissima – quasi una sfida alla fatica - per domare quelle fasce a muretto strette e lunghe, interrotte solo da due piccoli sentieri che raggiungevano la grande casa in cima al cucuzzolo.
A quel tempo anche la pigiatura dell'uva veniva fatta in modo artigianale, per questo compito erano ingaggiati i miei cuginoni Pino (Toso) e Ivo (Mamberto) i quali pestavano con i piedi nudi l'uva che a poco a poco veniva versata nell'apposita “grè” posta all'imboccatura di una grande botte di legno, questo per tutto il giorno, fino ad esaurimento dell'uva e ….delle loro forze.
Era era d'obbligo a pranzo lo stoccafisso accomodato, con le raccomandazioni dello zio che non mancavano mai: “me raccumandu, stucchefiŝĉiu cu'e patatte” e “nù patatte cu'u stucchefiŝĉiu”... alla sera eravamo tutti sfiniti dalla stanchezza, ma con la soddisfazione che ancora una volta la terra aveva dato i suoi frutti.
Mi resta un solo rammarico: non aver potuto far sapere ai miei figli che cosa vuol dire aspettare il giorno della vendemmia.
Maria Toso
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