Quando via Mazzini era il mio mondo
di Maria Teresa Perona Torcello

Era il 23 settembre del 1949 quando nascevo in via Mazzini nella casa della nonna materna, nella casa e nella via che poi sarebbero state il meraviglioso mondo della mia infanzia.
Ho iniziato a frequentare sempre di più la casa della nonna Teresa dopo la nascita di mia sorella, quattro anni dopo la mia. Penso che io non abbia molto gradito la presenza di quell'esserino che si stava prendendo molto del tempo, che, sino ad allora, era stato dedicato a me, da qui la mia intenzione di andare a cercare dalla nonna quelle attenzioni e coccole che in casa stavano diminuendo.
Allora via Mazzini brulicava di vita nelle vecchie case con orto e in strada, come in tutto il centro storico del paese.
La casa era su due piani, con una terrazza alla ligure e un grande orto coltivato ad ortaggi, con il pozzo, il pollaio e un piccolo angolo era dedicato alle margherite.

Nella grande cucina c'era sempre una pentola sul fuoco e quando si consumava il sugo è lì che mi era permesso “pucciare” il pane. Nel periodo delle marmellate, attendevo che finissero di brontolare le albicocche o le pesche, perchè sarebbero poi finite, ancora calde, su di un pezzo di pane, come ci finivano i pomodori appena colti con un filo d'olio delle nostre olive che era di colore verde e gelava d'inverno.
Nell'orto c'era un capanno per gli attrezzi che era diventato la mia casa e lì giocavo con i pentolini. In strada giocavo con Lia e Angelo, allora si entrava gli uni nelle case degli altri senza problemi, le porte erano sempre aperte. Mi piaceva anche osservavo gli adulti: la Recle, che avrei ritrovato anni dopo come cassiera e buttafuori al Cinema Mignon, con la sua espressione un po' accigliata; la Lesta sempre indaffarata, perchè faceva nascere i bambini, dai vestiti colorati che allora a me sembrava strano, perchè tutte le donne erano quasi sempre vestite con colori scuri; la Tina che aveva il negozio in via xxv Aprile, dove andavo a comprare il pane e che mi incuteva un po' di timore, perchè era un tipo autoritario e alzava facilmente la voce, ma l'atmosfera della panetteria veniva compensata dalla dolcezza di sua sorella Giuseppina.
Poi c'erano i profumi: quello del legno lavorato dalla falegnameria Finoglio e in autunno quello del mosto, proveniente dalle cantine dell'Opera Pia.
Infine c'era la dolcezza delle sere estive, quando le nonne della via portavano fuori una sedia e si godevano il fresco conversando.
Quando a scuola studiai la poesia di Carducci “San Martino” rivedevo descritto poeticamente ciò che avevo assaporato “..per le vie del borgo..”.
Piacevolezze, profumi e sapori mi hanno accompagnato per tutta la vita.